mercoledì 28 aprile 2010

Cosa voglio di più di Silvio Soldini

Il film di Soldini è un film interessante, onesto, fatto bene, bravissimi attori, insomma tutto bene e corretto. Sarà per questo che è un film noioso?
La storia è presto detta: Anna, Rohrwacher, impiegata e Domenico, Favino, cameriere di un'azienda di catering, si incontrano per caso, si piacciono e iniziano una relazione clandestina (entrambi hanno un compagno) complicata dalla mancanza di denaro (hanno come unico luogo dove incontrarsi un motel che si rivela troppo costoso per i loro piccoli stipendi).
Il punto è che tutta l'onestà e la buona volontà che il regista ha messo nel cercare un soggetto che non fosse scontato e superficiale, il suo tentativo di parlare di gente normale, di piccoli accadimenti, di un amore al tempo della crisi ha fatto si che alla fine ci si chiede se non ci sia bisogno di qualcosa in più. E' proprio la quantità di micro eventi e di micro emozioni che rendono il film un po' vuoto. 
In teoria la noiosa quotidianità dovrebbe essere riscaldata dalla improvvisa e dilagante passione che si accende fra i due protagonisti e dalle difficoltà che la vita gli para dinanzi, che non sono, perno del film, solo legate ai due rispettivi partner traditi, ma soprattutto dalla mancanza di soldi. Come a dire che se avessero avuto mille euro in più al mese il tradimento avrebbe potuto essere più indolore, meglio vissuto. Tesi affascinante.
Il problema è che è difficile comprendere il senso di questa passione così trascinante. A parte delle ottime scopate, i due, tranne una volta, non sembrano scambiarsi emotivamente cose così profonde, se non le reciproche insoddisfazioni, le malinconie e molti messaggini. 
Insomma, qui non siamo nella regione di Ken Loach e dei sui film proletari ironici e spietati, ne vicini alla passione muta e divorante di un altro film di Soldini "Brucio nel vento" che per quanto non perfetto, aveva una sua poesia, una sua tensione.
Soldini pare più innamorato dell'idea di se stesso che sta realizzando un film in cui parla di una semplice impiegata che abita in una villetta nell'hinterland e di un cameriere che vive in un palazzone nella periferia di Milano sud, che del film in se stesso, della storia che racconta e dei suoi protagonisti. E' come se ci fosse una sorta di autocompiacimento nel non star facendo un film alla Veronesi o alla Muccino, film dove tutti sono comunque dei fichetti, solo che, nel lodevole intento di dar voce alla gente che figa non è, ha perso di vista il senso del racconto che svela qualcosa, del risvolto sorprendente, anche quando si raccontano piccole vite. E non bastano i corpi nudi, i soprassalti di uno sbatter d'ali e la commozione di un'alba vista da un balcone a riequilibrare la noia che ogni tanto mi ha preso durante le due ore del film. Sono troppo fichetta se lo dico?

Iron man2 di Jon Favreau

Dio cosa darei per essere un bambino di 11 o 12 anni. C'era di che gasarsi con tutte quelle scazzottate, i droni, i voli nel cielo col razzo al culo e le macchine di Formula 1 sul circuito di Monaco. Premetto che non ho visto il primo Iron Man di cui dicevano molto bene. Questo qui non mi sembra una genialata, tutto è un continuo di botte e arte varia intervallato da un Downey Jr sempre un filo troppo macchiettistico per i miei gusti, il suo Iron man non è poi così diverso dal suo Sherlock Holmes. L'uomo è comunque simpatico e io non sono contraria alle scazzottate. Ma il pezzo forte del film è invece  un meraviglioso Mickey Rourke nella parte del cattivo. La sua bruttezza (somiglia ormai alla povera Brenda di Marrazzo memoria) ha assunto vette di tale perfezione che gli si vorrebbe dare un Oscar solo per il lavoro che lui, e il suo chirurgo plastico, hanno offerto al cinema. Ricordavo di lui le mani e le unghie più brutte al mondo, fattore che mai, anche per un solo istante, me l'aveva fatto piacere al tempo del famoso 9" settimane e 1/2".  Eppure ora, con sopra i tatuaggi da galeotto russo, sono disgustosamente perfette mentre si agitano sulla tastiera di un computer o mentre assembla chip e fili elettrici. Presto, un Oscar a Mickey e anche alle mani! Per il resto non starò qui a farvi perdere tempo. Perdetelo voi portandoci i vostri figli 11enni che vi ringrazieranno con un sorriso che farebbe squagliare anche la mamma d'acciaio che siete.

martedì 27 aprile 2010

Gli amori folli di Alain Resnais

All'inizio ho pensato, ma con tenerezza sia ben inteso, bè che film vecchietto.
Nonostante i titoli di testa mi fossero piaciuti, alcune scene all'inizio mi sembravano un po' fanè. 
E poi si va avanti. E a poco a poco ti dici, no ma cosa vado a dire; mi ero sbagliata, no, questo film è di una modernità assoluta. E la stoffa del grande regista la si vede nelle pieghe dell'ambientazione che può sapere di vecchiezza, ma è solo folle. Fra le rughe dei due attori, vecchi per davvero, ma con una dignità e un'effervescenza che Hugh Grant e Sarah Jessica Parker di cui ho parlato tempo fa, si sognano, con tutte le loro mossettine.
E nei dialoghi bizzarri e vivacissimi, scritti  con un'intelligenza al limite della cerebralità che però riesce a non essere mai fredda o fine a se stessa ma sempre divertente, leggera. Così si finisce per trovare in tutta la pellicola un'inaspettata modernità, un'ironia e un non sottostare al solito, allo scontato, che stupisce e incanta al tempo stesso. Insomma, la firma  è chiaramente di Resnais. D'altronde Mon oncle d'Amerique era un film meraviglioso, per me capitale.
Tutto è inaspettato in questo film e la sua francesitudine rinfranca in confronto alla triste italianitudine di storie già tutte viste e sentite.
Il titolo originale è "Le erbe folli" cioè quelle che spaccano l'asfalto, quelle che si insinuano nella roccia. Molto più bello della solita insulsa traduzione italiana. Sabine Azema e André Dussolier incrociano le loro vite grazie al furto di un portafoglio, rubato a Sabine, ritrovato e restituito da André. Il quale però decide di non concludere qui l'incidente ma esige una conoscenza, un approfondimento. Esige di non perdere l'occasione di un cambiamento. Di spaccare l'asfalto e la pietra con la potenza delle sue radici. E quindi nonostante moglie e figli, fantastica sulla donna e la costringe ad accettare il suo amore. Gioca pesante, siamo quasi allo stalking, ma è anche diretto, folle, imprevedibile. Con persino l'avvallo della moglie. Il finale è in cielo. Il film è bello.