mercoledì 26 maggio 2010

La nostra vita di Daniele Luchetti

Claudio (Elio Germano) è un giovane operaio edile a cui muore l'amatissima moglie (Isabella Ragonese), dando alla luce il 3 figlio maschio. La reazione di Claudio alla sua incapacità di gestire il dolore e le emozioni (appannaggio della moglie) è quella di rimpiazzarle con le "cose". Preoccupato di guadagnare di più prende in sub appalto il cantiere di una palazzina nell'hinterland romano facendosi prestare i soldi dall'amico, un pusher dal cuore d'oro immobilizzato sulla sedia a rotelle (Luca Zingaretti).  Ma essendo un incapace, manda tutto rapidamente a puttane. La situazione sembra precipitare quando arriva in soccorso, come la cavalleria americana, la famiglia nelle vesti del fratello buono e un po' lento (Raul Bova) e la sorella iper materna (Stefania Montorsi) che gli prestano i soldi per metterci una pezza. Tutto si aggiusta e, imparata la lezione, Claudio riesce anche a riscoprire una comunicazione emotiva con i suoi figli. 
"La nostra vita" è uno di quei film di cui non so scrivere. Non posso dire che non mi sia piaciuto, non posso dire che mi abbia lasciato indifferente, eppure non convince fino in fondo. Gli attori sono bravissimi, persino Raul Bova sa recitare, Germano ha meritato la Palma d'oro e Zingaretti è strepitoso come al solito. Ci sono parti di dialogo molto divertenti,  sono ben scritte. E molte delle situazioni e del mondo descritto sono credibili, vere, toccanti. Eppure alla fine il film ti lascia con un senso di non riuscito, di incompletezza... con un po' di amaro in bocca. In gran parte la cosa è dovuta alle soluzioni finali di sceneggiatura: nel momento in cui tutto sembra perduto, in cui gli operai abbandonano il cantiere inferociti razziando tutto quello che c'è e gli amici violenti del pusher vogliono indietro i loro soldi, quando la tragedia greca insomma raggiunge il suo climax... basta una riunione familiare e spuntano fuori denari, aiuti e soluzioni e l'amore torna a vincere su tutto. Un po' troppo facile.
Ma forse il senso di incompletezza e di non riuscito è perchè alla base il film descrive un'Italia che di fatto oggi è incompleta e non riuscita, un'Italia ormai tutta composta da una piccola borghesia forse buona, ma incolta e materiale, così vera e desolante che persino la cattiva soluzione delle cose, l'intervento di famiglia, è l'unica soluzione praticabile; dove il buonismo è spesso sintomo di inadeguatezza culturale, il centro commerciale è visto come l'eden e la cialtroneria infinita. Forse è per questo che mi sono annoiata tanto a scrivere questo post, chi non si annoierebbe a parlare di un mondo così.


2 commenti:

  1. pensa che io mi annoio alla sola idea di andare al cinema: una volta li', mi piacciono solo i ilm noiosi. :)

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